Dalla porta di villa Wolkonsky ci spostiamo a piazza San Giovanni in Laterano. Quì c’è sempre molta gente. Ogni tanto sulla piazza vengono allestite delle grandi costruzioni per concerti rock o chiassose manifestazioni. Su tutto questo trambusto rivolgono il proprio silenzioso sguardo dal tetto della basilica il Salvatore e i padri della chiesa, invece dall’altra parte della piazza alza le proprie braccia San Francesco30 come per esortare tutti a non fare rumore: “Silenzio…Silenzio…».
Gli incendi, i terremoti, le rivolte e gli intrighi politici hanno reso irriconoscibile il quadro idilliaco del Laterano…
È sparita anche l’armonia architettonica raggiunta nei secoli.
Cerchiamo almeno in parte di immaginare com’era il Laterano nei primi secoli dell’era Cristiana.
Inizialmente i cristiani costruirono sul Laterano uno vicino all’altro la basilica – per le funzioni religiose, il battistero – per la pratica del rito del battesimo e il grande complesso di palazzi – il Patriarchio, nel quale viveva il vescovo31, e cioè il Papa.
La basilica e il battistero, anche se negli anni hanno subito diversi cambiamenti, sia interni che esterni, sono rimasti dove sono. Invece il palazzo del Laterano adiacente alla basilica fu costruito negli anni 1585—1589 sulle rovine del Patriarchio.
La parola «Patriarchio» non è apparsa per caso. Il risultato delle prediche degli apostoli fu la comparsa, nelle varie città, di comunità cristiane che più tardi vennero chiamate Chiese. Le prime sono state le cinque antiche Chiese di: Gerusalemme, Antiochia, Alessandria, Roma e Costantinopoli. Ogni chiesa era gestita dal prorio patriarca32, che nella chiesa romana venne chiamato Papa.
I papi vivevano nell’edificio, o meglio, nel vasto complesso di edifici che si chiamava prorio – «Patriarchio». I papi-patriarchi risiederono quì fino all’inizio del XIV secolo, quando accaddero gli avvenimenti passati alla storia con il nome «Cattività Avignonese». Il periodo di splendore di questo complesso architettonico cominciò nel VIII secolo e coincise in linea temporale con la «Donazione di Costantino», sulla quale dobbiamo assolutamente soffermarci.
Il documento che recevette il nome storico di «Donazione di Costantino» (lat.Donatio Constantini), sarebbe stato consegnato da Costantino il Grande a papa Silvestro I. In realtà, moltro probabilmente il documento fu redatto in un’abbazia francese ai tempi del regno di Pipino III il Breve (751—768). Il primo a svelare la falsificazione dopo 700 anni dalla sua comparsa, fu il segretario personale del re di Napoli Lorenzo Valla, che condusse un’analisi storica e filologica del testo. Approposito, Lorenzo Valla era una figura abbastanza vistosa e interessante, e parleremo di lui più dettagliatamente in uno dei prossimi capitoli.
Anche se la Donazione di Costantino è un falso evidente, resta comunque un capolavoro letterario dei falsi. Non solo la trama è ben intrecciata, ma in molti sensi è il motivo principale della grandezza della chiesa cattolica in Europa. Per questo il documento necessita di una descrizione dettagliata.
Secondo la Donzaione di Costantino, l’imperatore, allontanadosi da Roma nella parte orientale dell’Impero Romano, conferiva al Papa il pieno potere su tutta la sua parte occidentale. Il motivo di un dono talmente generoso veniva spiegato così: una volta Costantino contrasse la lebbra, e non riuscendo ed essere curato dai dottori si rivolse ai sacerdoti dei templi pagani. A quel punto, la malattia aveva a tal punto devastato l’imperatore, che egli promise come ricompensa metà dei sui possedimenti a chi fosse riuscito a curarlo. I sacerdoti gli proposero di immergersi in una vasca riempita di sangue caldo di bambini in salute. Senza pensarci a lungo Costantino decise di non seguire la cura consigliata e si preparò ad una morte atroce.
Quella stessa notte l’imperatore vide in sogno due anziani barbuti che lo lodarono per aver così coraggiosamente rifiutato un metodo tanto radicale. Gli anziani dissero a Costantino di cercare in una cavena nei monti non lontano da Roma il vescovo Silvestro, che si nascondeva in quel luogo dalle persecuzioni dei cristiani, e di affidarsi a lui completamente. Dopo che il vescovo avrebbe immerso per tre volte Costantino in una vasca, ma non piena di sangue, ma bensì d’acqua, la tanto attesa guarigione sarebbe arrivata.
Reso felice dalla notizia Costantino partì subito alla ricerca del vescovo Silvestro, e dopo averlo trovato nel luogo indicato dalgi anziani, gli raccontò del suo sogno. Silvestro immediatamente lo battezzò e unse l’imperatore che aveva confessato i suoi peccati, dopodichè la lebbra sparì. La leggenda continua raccontando che come atto di riconoscenza Costantino ordinò di costruire sul colle Laterano un tempio cristiano, per la costruzione del quale egli stesso trasportò sulle proprie spalle 12 ceste di terra – il numero degli apostoli di Cristo. Come ringraziamento invece donò a Papa Silvestro le cose più importanti che spesso vengono menzionate nelle leggende: un cavallo, un castello e metà del regno che era la parte occidentale dell’Impero Romano.
Il passaggio dell’autorità suprema sull’Impero Romano d’occidente da Costantino al capo della chiesa romana menzionato nel documento, voleva dire nient’altro che il dominio totale della chiesa su tutti i territori sopraccitati. I papi romani diventarono incondizionatamente gli eredi dei più grandi proprietari terrieri di quell’epoca – gli imperatori romani, monopolizzando il potere latifondiario come tale. Documenti di questo tipo non hanno prezzo.
Il Laterano divenne il luogo della concentrazione e simbolo di questo nuovo potere. Come per illustrare questo passaggio del testimone, il nuovo centro di amministrazione venne stabilito non lontano dai palazzi imperiali semidistrutti del’adiacente colle Palatino.
Per far sapere a tutti chi era il nuovo padrone di casa, i papi non solo usarono la parola di Dio e le manipolazioni con i documenti storici, ma si avvalsero anche di uno strumento di propaganda potente quali erano l’arte e l’architettura. Già nel VIII secolo nella piazza davanti al palazzo del Patriarchio fu trasferito dal Foro Romano uno dei simboli più importanti della potenza di Roma – la statua equestre dell’imperatore Marco Aurelio33. Nelle guide di Roma medievali veniva chiamata (o per un errore o alludendo a qualcosa) statua equestre di Costantino – caballus Constantini. Nel X secolo a questo cavaliere di bronzo venne aggiunta la statua della «lupa che allatta il mondo». Sotto questi simboli per centinaia di anni si tennero processi ed esecuzioni, finchè l’epoca del rinascimento non cambiò le regole del gioco. Le figure della «Madre dei romani» nel 1450 e del «Filosofo sul trono» nel 1538 vennero spostate sul colle Capitolino. A riprova della possenza della chiesa c’erano anche gli alloggi del Patriarchio. Sotto il Papa Zaccaria (741—752) comparve una sfarzosa sala per le feste analoga ai triclini34 romani, ornati di mosaici e affreschi. Papa Leone III (795—816) ne aggiunse anche un’altro – il Grande triclinio. Un frammento di esso, che oggi viene chiamato Triclinio Leoniano si trova in piazza San Giovanni in Laterano, ma ne parleremo più tardi in un’altro capitolo. Tutta la facciata del palazzo era occupata da un corridoio riccamente arredato – la Sala del Concilio. Nel medioevo quì venivano adottati i decreti dei cinque Concili Lateranensi, riconosciuti come ecumenici dalla chiesa cattolica, e nei quali, oltretutto, furono condannate le eresie Simoniane35 e del Catarismo, e dove fu varato il divieto di uso di balestre e archi nelle guerre tra cristiani, e stabilito che i sacredoti e i monaci non avessero potuto avere mogli o concubine.
Si è conservata una descrizione dettagliata degli interni del Patriarchio, nel quale la policromia del pavimento si integrava perfettamente con la grande quantità di mosaici e affreschi. La «ovvia propaganda» rappresentata su di essi rafforzava il credo dei fedeli e incuteva paura nelle anime dei rinnegatori. Oltretutto, col passare di ogni secolo i papi si facevano sempre più audaci nello sciegliere i soggetti.
Così nel XII secolo Papa Callisto II (1119—1124) fece ornare le sale del Patriarchio di affreschi raffiguranti la trionfale marcia del potere della chiesa, durante la quale i papi e i padri della Chiesa calpestavano gli eretici e i dissidenti, con papa Callisto adagiato in un trono, davanti al quale stava in piedi in umile atto di fare una donazione, Enrico V36. Papa Innocenzo II Papareschi dei Guidoni (1130—1143), portando avanti il lavoro del proprio predecessore si portò ancora più avanti. Nel Palazzo del Laterano comparve la rappresentazione della coronazione del re germanico Lotario II37, dove l’arrivo del re a Roma era seguito dalla scritta: «il re si è fermato davanti alla porta e ha onorato Roma, dopodichè è divenuto vassallo del Papa lo aveva incoronato».
Testi di questo tipo stuzzicavano i nervi ai poprietari terrieri, e si arrivò fino al punto che nel 1157, durante le trattative con gli emissari del papa, l’imperatore germanico Federico I Barbarossa ordinò la rimozione degli affreschi e delle scritte, «affinchè non rimanga più questo costante ricordo delle dispute tra potere clericale e laico». In risposta, l’avversario dell’ imperatore, Papa Alessandro III Bandinelli (1159—1181) questa volta non ordinò di dipingere un’affresco nelle stanze all’interno, ma di creare un mosaico visibile a tutti sull’architrave38 del portico della Basilica di San Giovanni in Laterano, raffigurante la storia di Papa Silvestro e dell’imperatore Costantino. Nel mosaico, la famosa «Donazione di Costantino» fu illustrata con scene dove il papa guariva l’imperatore dalla lebbra, lo battezzava e dove venne resa per iscritto la consegna della supremazia sul potere laico nell’Impero Romano d’Occidente con la scritta: Rex in scriptura Sylvestro dat sua iura (il Re conferisce in forma scritta i suoi poteri a Silvestro). Insomma, verba volant…
Surclassando sia il potere dell’imperatore che quello del patriziato romano, la chiesa romana conquistò definitivamente l’autorità statale sotto papa Innocenzo III Conti (1198—1216), che fu considerato il piu potente sovrano d’Europa. Ma quello che non furono capaci di fare i re e i repubblicani romani, riuscì a farlo il tempo. Il complesso di edifici del Patriarchio, seriamente danneggiato dagli incendi del 1308 e 1361, pian piano stava andando in rovina, e con la costruzione del palazzo Apostolico nel Vaticano, perdeva completamente l’importanza di una volta. Il poeta Francesco Petrarca ai suoi tempi scrisse amareggiato che «il Laterano si stava trasformando in rovine». Con la fine della «Cattività Avignonese» l’epoca dei palazzi del Patriarchio che a quell’epoca erano malridotti e abbandonati era definitivamente terminata, e dal 1377 il Vaticano è il luogo della permanente dimora dei papi.
VI. Basilica di San Giovanni in Laterano: Nomen est omen, o Il nome parla da se.
Il cuore del Laterano è la basilica Lateranense, comunemente conosciuta come San Giovanni in Laterano, o in russo «Святой Иван в Латеране» (Sviatoij Ivan v Laterane).
Nel cattolicesimo il titolo di «basilica» viene conferito dal papa di Roma alle chiese di maggiore importanza. Il nome che deriva dal greco si traduce come «casa reale». I diritti e i privilegi di questi santuari dipendono prinicpalmete dai loro attributi «regali» – età, grandezza e importanza storica. In architettura viene chiamata basilica il tipo di edificio rettangolare formato da un numero dispari (1,3,5,) di navate di diversa altezza. I romani lo hanno ereditato dai greci per costruire edifici pubblici, nei quali si tenevano processi, si trattavano questioni economiche o si commerciava. Dopo l’editto di Milano del 313 questo tipo di edificazione cominciò a essere usato per la costruzione di chiese cristiane come alternativa ai tradizionali templi pagani romani.
Secondo la scritta impressa sulla facciata, la basilica Lateranense è «Madre e capa di tutte le chiese della città e del mondo (OMNIUM URBIS ET ORBIS ECCLESIARUM MATER ET CAPUT)».39
Verso la metà del secolo ivi si recava su di un mulo bianco il successore di San Pietro – il Papa di Roma, ribadendo il proprio diritto di potere sulla città eterna. Quì, inoltre, hanno trovato riposo 22 pontefici.
A differenza del «pomposo» nome sulla facciata e del nome quasi popolano, ufficialmente alla basilica viene anche attribuito il seguente nominativo e la dedicazione ai santi: Arcibasilica40 Romana del Santissimo Salvatore e dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista al Laterano.
Al principio venne chiamata basilica Costantiniana, poichè fu fatta costruire da Costantino il Grande seguendo l’uso pagano del «ex voto suscerto», e cioè secondo il voto di ringraziamento per la vittoria su Massenzio.
Seguendo la tradizione dell’antica Roma l’edificio venne chiamato con il nome dell’imperatore che lo fece costruire, ma in relazione al luogo dove era collocato presto cominciò ad essere chiamato Lateranense. La consacrazione della basilica da parte di Silvestro I il 9 novembre dell’anno 318 (secondo altre fonti, del 324) fu un grande evento per i cristiani.
Il tempio fu consacrato con il nome di «Basilica del Salvatore» (Basilica Salvatoris41) e fino ai nostri giorni ogni anno i cattolici celebrano la «festa della consacrazione della basilica Lateranense».
Costruito sui possedimenti dello stesso Costantino, il tempio Lateranense ricevette uno status speciale come dono dell’imperatore che patrocinava la chiesa che un tempo veniva perseguitata. Come si sa «un bel diamante necessita di una bella montatura». Ed è per questo che Costantino donò al suo gioiello una montatura davvero regale…
Dal momento della sua costruzione iniziale, la basilica di Costantino era già abbastanza grande e contava 5 navate42, con una lunghezza totale di 100 metri e larga 54,5. La magnificenza del suo interno se la giocava alla pari con i più importanti palazzi di Roma. La navata centrale poggiava su 30 colonne di granito rosso egiziano. Le navate laterali erano divise da 42 colonne di marmo verde proveniente dalla Tessaglia. Dietro al trono papale venne collocata una statua di Gesù Cristo beato affiancato dalle sue guardie fidate – gli angeli armati di lancie. Il mosaico dell’abside43 venne creato usando tasselli ricoperti da parti dorate, e il pavimento si estendeva sotto ai piedi dei visitatori come un tappeto di marmo policromo. La basilica veniva illuminata da 46 lampadari pendenti d’argento.